Tumore e persona: numero o essere umano?

Tumore e persona: numero o essere umano?

Quando ho vissuto l’esperienza del tumore in prima persona, non ho mai voluto avere o vedere dati, percentuali, statistiche ed evidenze scientifiche sul tumore.

Non perché queste non siano importanti, sicuramente hanno fatto e fanno la storia e, come professionista di supporto ai malati di tumore, mi devo sempre tenere aggiornata. Ma io non mi sono mai ritenuta un numero. Ormai sono trascorsi 24 anni, dalla diagnosi del mio primo tumore, ma vi garantisco che la parole pronunciate dal medico, per dirmi che avevo un cancro, sono completamente impresse nella mia mente. In 5 secondi mi disse nel 70% dei casi si muore nel 30% si guarisce. Secondo voi la mia mente dove si è soffermata? Sulla parola “guarisce” o sulla parola “muore”? 70% o 30%?

A 18 anni, non avevo autostima e forza di carattere per controbattere questa affermazione, ma vi garantisco che al secondo tumore, a 38 anni, quando ho visitato diversi medici, tutti coloro che mi parlavano di numeri, statistiche e percentuali, erano automaticamente cancellati dalla mia lista di specialisti di fiducia.

Non posso essere seguita da un medico che mi ritiene un numero, perché come me, ci saranno tanti altri numeri che varranno quanto il mio, nella lista delle loro priorità.

Non posso essere ricordata come un dato statistico, perché io delle statistiche non ne voglio fare parte.

Semplicemente VOGLIO che il mio medico, quello che mi seguirà passo passo, nel cammino dell’intervento, delle terapie e dei follow up, mi chiami per nome. Voglio che mi consideri una persona, ancora prima di una paziente e voglio che quando ritorno al controllo lui abbia la mia cartella clinica che si rileggerà di volta in volta per potersi ricordare tutto ciò che ho fatto. Visione utopistica? Mi rendo conto che il servizio sanitario italiano è impostato su altre basi e la maggior parte dei medici, non fanno neanche corsi di comunicazione o di relazione medico-paziente. Però qualcosa sta cambiando e penso anche che siamo noi, in prima persona, che possiamo far accadere cambiamenti significativi. Perché se io, la prossima volta che vado da un medico e invece di stare zitta e tornare a casa afflitta dalle notizie che mi sono state date, alzo la voce e dico la mia, sicuramente quel medico la volta dopo, si ricorderà di noi e forse la prossima persona la tratterà in maniera differente. Quindi come disse Gandhi: siate il cambiamento che volete vedere nel mondo!

Non accettate più di essere dei numeri, delle percentuali e delle statistiche, perché la vostra vita è una, voi siete uniche e in realtà non esiste nessun altro come voi, anche se ha avuto lo stesso tipo di tumore, anche se ha fatto le stesse terapie, anche se ha ottenuto gli stessi risultati.

Pensaci, una terapia ad una persona può dare degli effetti che a te non dà, un altro tipo di intervento può creare scompensi o cicatrici che a te non sono venute… quindi? Ognuno è diverso ed è proprio nella diversità che sta il diritto di essere trattati come persone e non numeri.

 

Partendo da questa visione, ho deciso di applicare questo approccio con le persone che si rivolgono a me per essere seguite nei percorsi di cancer coaching  Nessuno è un numero, tutti sono diversi, ognuno ha un suo vissuto e quindi il mio compito è affiancarlo nella sua strada adattandomi alla sua unicità e creando un percorso su misura diverso per ogni persona che si affida a me.

C’è da dire che nel corso degli anni le statistiche sul tumore sono diventate sempre più positive. Quindi può anche essere che su qualcun altro abbiano un impatto positivo. Ti invito quindi a considerare che effetto fanno su di te. Ti fanno stare bene? O ti mettono angoscia? Ti danno sollievo o aiuto? Oppure ti fanno sentire impotente? Ti aiutano a comprendere il perché della tua malattia o ti paralizzano in un circolo vizioso di pensieri negativi?

Siamo noi che scegliamo cosa fare entrare nella nostra mente, quindi se un tipo di approccio analitico, razionale e distaccato non è congeniale al modo in cui vuoi affrontare la malattia, non farti condizionare. Viceversa se ti senti rassicurata dalle statistiche, fai diventare questi numeri un po’ più “personali”. Come? Un’idea: scrivi in un post-it “Io sono il 30% che guarisce!” e tienilo attaccato nel cruscotto della macchina o nello specchio del bagno o in un punto in cui ogni giorno puoi vederlo per ricordare che si può guarire.

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