L’infermiere: una figura assistenziale indispensabile

L’infermiere: una figura assistenziale indispensabile per il paziente oncologico

 

Sono stata una bambina spesso malata e poi a 18 anni nella mia prima esperienza con il cancro: un linfoma non Hodgking, ho compreso subito l’importanza dell’infermiera che mi stava a fianco e mi somministrava le cure. Ne ho visti e ne ho avuti tanti di infermieri al mio fianco, ma solo di pochi, devo essere sincera ho un ricordo buono e amorevole.

Quando ci ammaliamo di cancro, una delle prime figure mediche professionali con cui ci troviamo a relazionarci è proprio l’infermiere.

È lui o lei, infatti, che sin dai primi momenti della malattia, a partire dal sopraggiungere di quella terribile diagnosi, si rapporta a noi, iniziando la sua fondamentale azione assistenziale.

Chi opera come infermiere oncologico si trova a percorrere, insieme al paziente, tutte le tappe del trattamento antitumorale, condividendo con lui stati d’animo e sentimenti differenti: dalla disperazione, alla paura di non farcela, al dolore, al senso di impotenza, alla devastazione. In alcuni recenti articoli ho parlato delle numerose ed importanti implicazioni che la diagnosi di cancro giunge ad avere per la persona che ne soffre: si tratta di conseguenze che impattano non solo sul corpo ma anche sulla mente con gravi conseguenze psicologiche, affettive e sociali.

Ecco, dunque, che il ruolo dell’infermiere diventa essenziale per il benessere del paziente: è compito suo mettere in atto tutte le pratiche e le nozioni in suo possesso per alleviare la sofferenza del paziente oncologico, aiutandolo ad accettare la condizione che sta in quel momento vivendo e a reagire con forza alla malattia.

L’infermiere, che sia consapevole o no, che lo voglia o no, che abbia scelto quel mestiere come missione di vita o no, si trova ogni giorno a dover supportare il paziente dal punto di vista emotivo, standogli vicino il più possibile. E questo implica inevitabilmente un proprio coinvolgimento mentale ed emotivo.

Malgrado uno stereotipo molto diffuso sostenga che “la sera tornando a casa bisogna saper lasciare fuori della porta le questioni di lavoro”, si sa che la realtà non è così. Un professionista è pur sempre un essere umano in continuo divenire, trasformato dalle esperienze di lavoro che momento dopo momento costituiscono la sua stessa esistenza.

Ecco perché diventa fondamentale diventare consapevoli di come ci si affianca, ci si relaziona, ma al tempo stesso quali sono i risvolti nella propria vita.

L’infermiere può dare il proprio sostegno in diversi modi: dall’ascolto, al dialogo, alla disponibilità di aiuto concreto. L’obiettivo è sempre poter assicurare alla persona che soffre la dignità che ogni essere umano merita, soprattutto nelle fasi in cui la malattia stessa e la terapia tendono a farsi più dure da sopportare e a ledere dalle fondamenta, l’autostima.

Per chi lavora come infermiere nei diversi contesti curativi – dall’ospedale, all’hospice, all’assistenza domiciliare – è importante disporre delle conoscenze e delle risorse indispensabili per poter gestire dinamiche tanto complesse e delicate.

Non è assolutamente facile, né tanto meno scontato risultare efficaci e professionali nel proprio lavoro e, allo stesso tempo, riuscire a garantire al paziente il benessere psicofisico sufficiente ad affrontare il percorso di guarigione e limitare anche i propri spazi.

L’approccio scientifico, che di base l’infermiere acquisisce durante gli studi e nelle prime esperienze lavorative, porta il professionista ad attribuire priorità ed importanza soprattutto a ciò che riguarda il trattamento terapeutico, rischiando spesso di mettere in secondo piano la sfera emotiva del paziente e la dimensione psicologica in cui ciascuno di noi è per natura immerso.

La chemioterapia e la radioterapia sono tipologie di cura molto forti, aggressive e provanti per il paziente: questo rende indispensabile senza dubbio un maggior controllo medico rispetto ad altri tipi di terapia. Ma è altrettanto importante, in questo caso, saper gestire anche i risvolti psicologici che trattamenti invasivi come la chemioterapia possono provocare sul paziente.

Di questo ho parlato in alcuni articoli che puoi consultare sul mio blog del sito cancercoach.it, se desideri approfondire gli effetti della chemio sul paziente. Per esempio: “L’autostima nel paziente oncologico prima e dopo il cancro”, “Il cancro sgretola la tua autostima: l’impatto del tumore sulla vita delle donne”.

Finito il trattamento terapeutico molte volte il paziente viene dimesso dall’ospedale, cosa che nella maggior parte delle circostanze viene accettata di buon grado dai familiari visto che si arriva ad un punto dove conta sì guarire dalla patologia, ma soprattutto vivere con dignità e tranquillità il resto della vita diventa una prerogativa per tutto il nucleo familiare che assiste il sofferente di tumore. In questa fase del percorso di assistenza al paziente oncologico, l’infermiere può essere chiamato a svolgere il ruolo attivo di facilitatore e incentivatore delle abilità per la famiglia e i caregivers. Il suo compito, a quel punto, diventa quello di sensibilizzare i familiari del paziente sulle dinamiche che si troveranno ad affrontare e che, se comprese adeguatamente ed accolte, possono migliorare la vita quotidiana della persona.

Essere infermieri in ambito oncologico, in struttura o sul territorio, rappresenta una sfida anche con sé stessi che aiuta a crescere molto sia dal punto di vista professionale, in quanto si viene a contatto con manovre e presidi esclusivi da gestire, che dal punto di vista umano, poiché toccare alcune situazioni direttamente con le proprie mani è sicuramente un’esperienza molto forte umanamente parlando.

Lavorare con i pazienti oncologici significa necessariamente integrare competenze tecniche e scientifiche ad un approccio umano ed empatico. A complicare questo quadro si aggiunge poi la dimensione personale: l’infermiere è chiamato a svolgere la propria professione in un ambiente lavorativo di per sé carico di tensioni e pressioni psicologiche e tutto questo, compresi gli stati d’animo di turbamento del paziente, può risultare davvero difficile da affrontare dal punto di vista psicologico, se non si possiedono le risorse giuste.

Se sei un infermiere oncologico e vorresti migliorare la tua capacità di accogliere e gestire il paziente, garantendogli la qualità assistenziale adeguata per affrontare il percorso di guarigione, contattami per iniziare il tuo percorso formativo di crescita professionale con il coaching oncologico.

Ti aiuterò ad acquisire le informazioni e le risorse giuste per diventare un professionista migliore, attraverso un percorso formativo dedicato alle figure mediche e all’importanza che esse svolgono nella vita del paziente.

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